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Μαριάννα Μ. ΣΕ ΑΛΛΕΣ ΓΛΩΣΕΣ

THAT WHICH GIVES MEANING TO LIFE GIVES MEANING TO DEATH (italian translation)

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από μ

07/04/2025 1:43 μμ.

Traduzione italiana del testo di Marianna M.

CIÒ CHE DÀ SENSO ALLA VITA DÀ SENSO ANCHE ALLA MORTE.

Il 31/10 al terzo piano di un appartamento in via Arkadias, durante la lavorazione di un esplosivo da parte del mio compagno e ribelle Kyriakos Xymitis, avvenne un’esplosione con la tragica conseguenza della sua morte. Nel giro di pochi minuti, mentre per caso in quel momento mi trovavo nella stanza accanto, il tempo si è bloccato, tutto è diventato nero e io non potevo muovermi. La situazione era incomprensibile, lo sviluppo inconcepibile. Seppellita tra i detriti cercavo di capire cosa fosse successo. Chiedevo aiuto, cercando il mio compagno con gli occhi. Pian piano mi rendevo conto che, mentre il filo dell’azione del mio compagno si spezzava bruscamente, la sua vita e le sue scelte di lotta sarebbero state una luce nella storia della resistenza, con determinazione, coerenza e dedizione, un trampolino di lancio e un’ispirazione per la lotta. Poi due figure sono apparse ad aiutare, mentre io mostravo loro il punto in cui avevo visto per l’ultima volta il mio compagno, il punto in cui i nostri sguardi colpevoli si erano incontrati, sguardi pieni di rabbia per il mondo in cui viviamo, pieni di fede e di voglia di momenti di vera libertà.

Nel giro di pochi minuti mi sono ritrovato all’ospedale “Evangelismos”. Sono stata immediatamente sottoposta ad esami e operazioni. Un ematoma nella testa e innumerevoli punti di sutura nella parte superiore del corpo. Sono rimasta intubata e completamente incosciente per i tre giorni successivi. Un tempo sufficiente perché i maledetti dell“anti-terrorismo” si precipitassero in ospedale chiedendo un prelievo di sangue. Lunedì ho ripreso conoscenza e sono stato trasferita in terapia intensiva, dove sono rimasta immobilizzata per i tre giorni successivi. Le condizioni li erano discrete, con il personale medico desideroso di assistermi nella mia guarigione. Tuttavia, la stanza era circondata da forze di polizia che sono anche entrate nella stanza del reparto di terapia intensiva durante i 5 minuti di visita della mia famiglia.

Dopo due giorni sono stata trasferita – senza alcun motivo apparente – in un reparto di isolamento sorvegliata da diversi poliziotti fissi li e altrettanti che si muovevano nei corridoi e nei piani del reparto. La porta della mia stanza era costantemente aperta, non lasciando alcuna privacy anche durante le visite mediche. Sotto lo sguardo “vigile” di ogni singolo poliziotto dovevo mangiare, essere esaminata e lavata. Seguendo le loro direttive, la maggior parte del personale medico e infermieristico ha mantenuto un atteggiamento distante, mostrando zero empatia anche nelle cose più elementari, come condurre una visita senza la presenza di un agente di polizia maschio.

L’insistenza della ventiduesima investigatrice del Tribunale di Atene nel condurre la procedura dell’interrogatorio nonostante la mia debolezza fisica e mentale ha contribuito a creare un’atmosfera vendicativa. Dopo aver chiesto una certificazione rispetto ad una mia sufficiente “ operatività” per condurre l’interrogatorio – certificazione che ha letto a sua discrezione alla fine mi ha concesso la finta proroga delle 30 ore. In questo modo ha confermato che la sua priorità era la mia detenzione preventiva già predeterminata seguendo il procedimento giudiziario ai sensi del codice187A(legge del codice penale per atti di “terrorismo”).

Venerdì 15/11, appena un giorno dopo la seconda operazione a cui sono stata sottoposta, sono stata trasferita nella sezione femminile del carcere di Korydallos. La mia situazione, soprattutto in queste condizioni, era difficile. In condizioni sanitarie deplorevoli e con ferite non guarite sul corpo e sulla testa, il meccanismo repressivo giocava con la mia salute. Senza le necessarie cure mediche, senza l’accesso ai farmaci necessari. Una condizione che tutte le detenute e i detenuti si trovano ad affrontare in quanto percepiti come cittadini di seconda classe, senza diritto alle cure mediche, con visite superficiali o inesistenti da parte dei medici del carcere, con il divieto di effettuare le procedure mediche necessarie, con l’interruzione dei farmaci assunti fuori dalle mura e con lunghe attese per le visite di emergenza negli ospedali esterni.

LA GEOMETRIA DELL’ANTITERRORISMO

Ancora incosciente, a poche ore dall’esplosione, il meccanismo giudiziario, seguendo le istruzioni della squadra antiterrorismo, già stava costruendo un quadro accusatorio abominevole.

L’elaborazione di (piccole quantità di) materiale e ordigni esplosivi con solo il compagno Kyriakos e io presenti e consapevoli, è stata battezzata organizzazione. L’appartamento, a cui abbiamo avuto accesso solo per pochi giorni, è stato battezzato covo. Gli oggetti legittimi trovati nell’appartamento in cui vivevo con il compagno Kyriakos e io e che sono stati trovati e mostrati nei telegiornali sono stati definiti sospetti. Cosi con tutti gli elementi citati, la polizia antiterrorismo ha iniziato la sua indagine su di me con l’accusa di “terrorismo”. A questo punto, però, non mi concentrerò sulla parte legale, né parlerò nel merito di innocenza e colpevolezza. Mi rifiuto di accettare un’accusa basata sul 187A, soprattutto quando strumentalizza nel modo più volgare la morte del mio compagno. E intendo decostruire qualsiasi scenario repressivo. Ma difenderò fino in fondo la mia scelta di stare in quell’appartamento, difenderò la necessità di lottare con mezzi non limitati al campo del diritto civile, difenderò le scelte del mio compagno, la sua memoria e il nostro rapporto.

Tracciando cerchi concentrici, la polizia antiterrorismo tesse la propria rete repressiva. Mette al centro me e il compagno Kyriakos e con una geometria traballante colloca amici, compagni e sconosciuti. Nel primo ciclo colloca l’arresto della compagna anarchica Dimitra (che si presenta volontariamente) in un’operazione in stile hollywoodiano all’aeroporto di Atene dove – a differenza del femminicidio di Kyriaki Griva – l’auto della polizia nel ruolo di taxi la preleva dall’aeroporto e la porta a GADA. L’unico “indizio” su di lei è stata la consegna delle chiavi dell’appartamento di Arkadia a me e a Kyriakos, richieste con il pretesto di ospitare i nostri conoscenti dall’estero; ciò significa che lei non conoscesse davvero lo scopo del suo utilizzo.

Vale la pena notare che il giorno dell’esplosione la compagna si trovava all’estero, dove ha vissuto negli ultimi anni della sua vita. Anche lei è indagata ai sensi del 187A.

Nel secondo cerchio, l’antiterrorismo colloca il compagno di Dimitra, Dimitris, che si è presentato anch’egli spontaneamente a GADA, consegnando al proprietario la copia di chiavi dell’appartamento di Arcadia, che era stata una richiesta da Dimitra. Con il solo coinvolgimento della consegna delle chiavi, senza sapere nulla di più e trovandosi al lavoro al momento dell’esplosione, anche lui deve rispondere delle accuse sopra citate. Venti giorni dopo, gli “anti-terroristi” disegnano il ciclo successivo con l’arresto del compagno anarchico N. Romanos. Nel suo caso, il meccanismo repressivo ha scatenato la sua vendetta utilizzando un’impronta digitale che dicono trovarsi su un oggetto mobile, ovvero trasportabile – una borsa – trovata nell’appartamento di Arcadia. Due giorni dopo, l’ultimo ciclo ha collocato A.K., anch’egli arrestato con il mero “indizio” di un’impronta digitale sulla stessa borsa. A quanto pare ”l’efficienza” dei laboratori degli sbirri è riuscita a coinvolgere in 20 giorni due persone con cui non ho alcun legame, portando alla luce delle impronte digitali, mentre le tonnellate di materiale combustibile che sono tra le cause della strage di Tempi non sono state trovate in due anni. Gli ultimi due arrestati sono entrambi accusati delle stesse accuse inconsistenti.

GLI SCARABOCCHI DEI MEDIA

La linea dell’antiterrorismo è stata seguita non solo dalla pm, ma anche da tutti i media.Fin dal primo momento si sono tutti impegnati in una delle solite caccia alle streghe, prendendo di mira tutte le persone coinvolte e diffamandole.

I contatori degli infami dei media hanno contato innumerevoli ore di riproduzione degli scenari mal concepiti della antiterrorismo, arricchendoli e tracciando i soliti profili dei “colpevoli”.Con acrobazie giudiziarie hanno collegato casi senza prove hanno fatto allusioni; hanno commentato tramite tele-sbirri tele-psicologi la nostra provenienza collegandola alla nostra classe sociale in cui eravamo cresciuti/e, il nostro carattere e la nostra psiche.Gli stessi infami dei media che hanno parlato di “sacrifici necessari” nel mortale omicidio ferroviario di Tempi, che scatenano rigurgiti razzisti alla prima occasione, che coprono stupratori, papponi, poliziotti assassini e che si inchinano agli armatori, agli industriali e ai politici.

IL CARATTERE DEL MECCANISMO GIUDIZIARIO

“L’ anti-terrorismo” ha aperto la strada, i media l’hanno spianata e ora il meccanismo giudiziario è chiamato a cementarla. Così la pm sta cercando di interpretare le mie intenzioni attraverso i documenti del caso. Con un’alchimia giudiziaria, mi incrimina in base alla legge 187A sul terrorismo, che appesantisce e criminalizza automaticamente qualsiasi atto “illegale” da me commesso. Con questa scelta, l’inquirente non solo fa schizzare alle stelle la lista delle pene, ma sostanzialmente riconosce l’esplosione come un atto intenzionale ed organizzato che, date le circostanze – un’esplosione all’interno di un appartamento di un edificio residenziale – non può essere vero.

Le idee e i valori anarchici – in contrasto con quelli dello Stato e del sistema di potere – hanno dimostrato negli anni un’etica rivoluzionaria e l’opposizione alla logica dell’accettazione di quelli che si definiscono danni collaterali. Gli attacchi degli anarchici sono mirati e danno la priorità alla sicurezza delle persone non coinvolte.Quindi non sarebbe mai stato il mio scopo e/o del mio compagno far esplodere l’appartamento e far penare così tante persone, per quanto l’apparato statale cerchi di etichettarci con l’ appellativo di “pericolo pubblico”. Il governo ha avuto l’ardire di versare lacrime di coccodrillo rispetto ai danni dell’edificio e la difficoltà dei residenti, oltre alla strumentalizzazione repressiva e politica dell’esplosione, per poi affidare la riparazione dei danni a TERNA, una nota azienda partner del potere che prende tantissimi appalti pubblici e privati, anch’essa coinvolta nello scandalo delle dighe cave di Volos. Con tutti questi metodi l’investigatore sta facendo passare un messaggio chiaro: qualsiasi atto anarchico che ecceda la legge sarà perseguito con il 187A. Chiunque rifiuti di sottomettersi alla legge e all’ordine iprestabilito dal sistema sarà esemplarmente sterminato.Noi cinque siamo quindi chiamati/e a rispondere di ipotesi e scenari inventati. Delle quali quattro persone non hanno nulla a che fare con quanto accaduto il 31/10 nell’appartamento di via Arcadia. Il prestito e la restituzione di un paio di chiavi per l’ospitalità e le latitanti impronte digitali su una borsa non solo costituiscono per il giudice istruttore una “prova” sufficiente per l’accusa, ma sono anche idonee ad attribuire a tutti gli imputati lo stesso grado di coinvolgimento nell’accusa.

IL PRINCIPIO GEOMETRICO DI OGNI PROCEDIMENTO GIUDIZIARIO -187A

Il nostro caso non è una sorta di eccezione. Sono innumerevoli i casi di militanti perseguiti in base alle leggi “antiterrorismo”. Processi che invitano il movimento di lotta a confrontarsi con un sistema giudiziario disposto a farsi carico di un lavoro politico attivo, potenziando le accuse con la legge sul terrorismo, la cui vaghezza permette alla magistratura di interpretarla come meglio crede. Concepita per controllare e intimidire gli avversari politici, per la repressione preventiva, per eliminare i nemici interni e qualsiasi manifestazione di violenza sociale e politica, la normativa “antiterrorismo” è l’arma principale della politica repressiva dello Stato.

Ponendo al centro le pratiche di lotta armata che sfidano le leggi, la “Legge del Terrore” impone un regime speciale sia per quanto riguarda l’aspetto giudiziario sia per quanto riguarda la detenzione. L’inasprimento delle pene, l’abolizione delle giurie miste, composizioni spefiche di determinati giudici e il regime di eccezione legale per alcune persone e casi sono alcune delle caratteristiche di questo regime legislativo.

Tuttavia, questo attacco non si limita a coloro che scelgono consapevolmente di espandere la propria lotta con mezzi armati, ma non esita a colpire – spesso con la stessa intensità – coloro che sono vicini/e a chi fa questa scelta, cercando di creare il loro isolamento sociale e politico. Ma la domanda è una: chi chiama chi terrorista? Chi giudica chi? Come può un sistema giudiziario che esiste per servire e proteggere gli interessi dei governanti, la violenza che essi scatenano quotidianamente, lo sfruttamento e l’oppressione che impongono, essere in grado di giudicare chi lotta?

I soggetti che praticano il terrorismo sistematico non sono altro che i padroni e i rappresentanti politici; non sono altro che quelli che il complesso legislativo nel tempo salva e ripulisce, per poi perseguitare chi sfida la sovranità della legge,  chi lotta per una società di uguaglianza e solidarietà. Incolpa i militanti di mettere in pericolo organizzazioni sociali , e internazionali, mentre sono le stesse organizzazioni internazionali a mandare intere società al genocidio. Incolpa i militanti di mettere in pericolo le istituzioni pubbliche in un momento in cui queste istituzioni sono impegnate da secoli al al dissanguamento e alla depredazione delle classi sociali piu’ povere. Incolpa i militanti di mettere in pericolo la popolazione mentre sono gli stessi Stati a gettare le persone nella povertà, nelle guerre, nella morte. Allora come può una legislazione che ripulisce coloro che si riempiono le mani di sangue, allo stesso tempo giudicare coloro che, con le loro azioni, cercano di cambiare questo regime di terrore?

LA ZONA CIRCOSTANTE DEL PALAZZO DELLA PROCURA

Diventa così chiaro che l’essenza della nostra persecuzione non è giuridica ma politica e può essere letta solo all’interno di questo specifico contesto. Un contesto che vede e vuole l’Occidente, che negli ultimi anni ha cercato con le unghie e con i denti di lavarsi le mani dei secoli di colonialismo vendendo inclusività e diritti, imponga ora apertamente la sua strategia globale e la sua egemonia ideologica. Anche in un clima di instabilità in cui le iniziative, “l’autarchia” e la dimostrazione di potenza – vuota – dei leader del pianeta diffondono insicurezza tra i partner europei, il blocco imperialista occidentale cerca di dimostrare – invano – la sua “superiorità” culturale e il suo “progressismo” e di dominare nei punti di interesse geopolitico. L’UE si è irreversibilmente spogliata della sua maschera umanitaria, tornando in maniera dinamica alla spartizione del mondo in forma di scacchiera. L’UE sta svolgendo un ruolo catalizzatore negli sviluppi globali, rafforzando finanziariamente e militarmente l’offensiva di Israele contro la Palestina, sostenendo militarmente l’Ucraina e proteggendo i suoi confini da milioni di persone che le sue stesse politiche hanno spinto all’emigrazione.

La Grecia non fa ovviamente eccezione. Trasformando il Paese in un’enorme base militare della NATO, lo Stato greco si allea attivamente con Israele (un’alleanza che acquisisce anche interessi economici). In un clima di instabilità, a pochi anni dai memorandum, l’apparato statale sceglie di concentrarsi sulle spese militari, sul rafforzamento dell’apparato repressivo e dei confini, gravando ulteriormente sulla base sociale. Il governo, prendendo l’esempio dalla socialdemocrazia, si basa sull strategia del bastone e della carota, tramite privatizzazioni, l’inflazione e l’impoverimento, con gli attacchi al sindacalismo, ai contratti collettivi, al sistema sanitario e al sistema educativo, spostandosi così verso un’estrema destra neoliberale che coniuga – in modo piuttosto approssimativo – l’assimilazione delle lotte per i diritti con la dottrina della legge e dell’ordine. Cerca di adattarsi alle necessità del neoliberismo in maniera moderna e progressista, offrendo solo – dopo lo scoppio della bolla dell’ aspirazione classista, dello yuppismo e dei golden boys – l’illusione dell’incorporazione di tutte le identità delle persone “buone” che si adattano al capitalismo – come una pubblicità Benetton ben pianificata.

Identità che a lungo erano state escluse stanno finalmente ottenendo una “voce”, a patto che questa voce non metta in discussione il sistema che le ha escluse in primo luogo. E poiché questa retorica dei “diritti per tutti” che manifesta ha le gambe corte – e un piccolo bacino di elettori – la legge e i suoi organi esecutivi sono chiamati a fare il lavoro “sporco” – rivolgendosi a un altro bacino -. Si inaspriscono i codici penali, si creano unità repressive speciali, si rafforzano le forze di polizia esistenti, si attrezzano le frontiere di terra e acquatiche, si intensificano i pattugliamenti. Per ogni “problema” c’è una nuova legge, per ogni legge c’è un poliziotto – magari addestrato persino per i casi di violenza domestica. Lo Stato non è solo armato, è pronto alla battaglia.

Una battaglia contro la “criminalità” che, come proclamano, minaccia l’intera società. In ogni angolo della città si verifica un “crimine” ad opera di bande armate di giovani, adulti, immigrati, indigeni, poveri, baroni, di ultràs organizzati o non organizzati. Così in tutto questo lo Stato, autoproclamatosi sistema regolatore, propone ossessivamente pene più severe e più polizia – che alla fine è sempre in qualche modo coinvolta in tutti i “crimini” che reprime. Così, in un momento in cui l’apparato statale non ha nulla da offrire se non la sua furia repressiva e punitiva, egli trasforma la dottrina di “Legge e Ordine” in una linea di governo centrale.

Soprattutto in questa linea il nemico interno si trova in qualsiasi gruppo sociale che disturbi il clima di “sicurezza”. Immigrati, tossicodipendenti, “miserabili” e persone che provano a lottare.E naturalmente non poteva mancare in questo elenco il movimento anarchico. Un movimento che nel tempo ,e con orgoglio, fa nascere al suo interno combattenti che agiscono in modo diretto e deciso contro lo Stato e il potere. Agendo con iniziative che sfidano il dominio, che creano condizioni dinamiche, che propongono soluzioni nel qui e ora, che decostruiscono il monopolio statale della violenza. Attraverso la diversità dei mezzi di lotta, il movimento anarchico ha dimostrato il suo posto nel corso della storia. Un posto in cui le logiche di speranza e attesa non sono adattabili, dove i limiti della legittimità borghese sembrano insignificanti di fronte ad anni di violenza dello Stato e del capitale, dove il pesante velo della responsabilità ricade innanzitutto su di noi. Dove la visione di un mondo di uguaglianza e solidarietà inizia nel presente, dove il compromesso non è un’opzione, dove attaccare la brutalità del sistema è una “decisione volontaria di profonda empatia” e il passaggio all’controviolenza rivoluzionaria una conseguenza logica e uno strumento necessario. Così, da parte dello stato il messaggio al nemico interno è chiaro : chi non si assimila viene sterminato.

IL COMPAGNO LA GIUNZIONE E IL COSTRUTTORE

Non omnis Moriar

(Non morirò intero, qualcosa di me rimarrà in vita).

Anche il compagno Kyriakos Xymitiris era un nemico interno determinato. Una persona limpida e ribelle. Un compagno che univa la teoria alla pratica, che si riversava nella lotta e viveva la sua vita al massimo, assumendosi la responsabilità del suo compito nella storia. Comprendendo la sua identità politica in tutta la sua ampiezza, non è sceso a compromessi con logiche di procrastinazione e di inerzia, non si è adagiato, ha lottato a dispetto dei tempi, ha sognato e ha assunto una posizione combattiva. In un percorso pieno di bivi, il compagno Kyriakos ha sempre scelto la strada giusta. A volte percorribile, a volte impervia, a volte visibile e a volte invisibile.

Attraverso il suo percorso di lotta, la sua partecipazione non negoziabile all’intera gamma del movimento anarchico, il compagno costituisce un militante anarchico consapevolmente multidimensionale che riesce a racchiudere il particolare mosaico di forme e manifestazioni di lotta che l’anarchia comprende. Nel portare avanti il proprio superamento individuale, ha adattato la sua vita alle misure e alle esigenze della resistenza, scegliendo un modo di vivere che è sinonimo di lotta.

Ha contribuito alla lotta anarchica con sensibilità, empatia, autocritica, militanza e determinazione. Partecipando a iniziative aperte, occupazioni, picchetti, lotte sindacali, al movimento e azioni femministe e antifasciste, azioni e conflitti, ha voluto contribuire all’incisività dell’anarchia.

Nella sua ostinata e persistente ricerca di modi per affrontare la violenza quotidiana dello Stato e del capitalismo, ha cercato di esplorare gli angoli della lotta armata, spostando il conflitto nel centro del dominio e demistificando la violenza degli oppressori. Con gli occhi sempre fissi sulla causa rivoluzionaria, si è impegnato nella battaglia con tutti i mezzi a sua disposizione.

Assassinato dal mondo del potere che ha tanto lottato per cambiare, facciamo in modo che il suo ricordo sovversivo sia un invito alla lotta. Commemoriamo i nostri morti lontano dalla logica dell’accondiscendenza e del disfattismo, con una continuazione e un’intensificazione della lotta, con tenerezza e onore.

Che il 31/10 sia ricordato come un giorno di lotta, un giorno di responsabilità, un momento di resistenza. Perché la lotta non vuole sconti, non vuole barriere ed egoismi. Non c’è spazio per leggi, convenzioni e limiti. Perché la lotta ha bisogno di determinazione e di visione. Ha bisogno di fede e dedizione, di rapporti veri e disponibili. Perché la lotta ha bisogno di persone umili e pronte. Persone essenzialmente ribelli e coerenti. Persone come Kyriakos, questo uomo meraviglioso.

che ha riempito il cielo con la sua stella

accanto a tanti compagni e compagne

che con la loro luce – anche dietro le sbarre

riescono a illuminare le nostre notti più colpevoli.

Abbiamo ragione, vinceremo

KYRIAKOS XIMITIRIS IMMORTALE

STATO E CAPITALE SONO GLI UNICI TERRORISTI

FORZA E SOLIDARIETÀ A TUTTI I COMPAGNI/E IMPRIGIONATI/E

LA SOLIDARIETÀ È L’ARMA DEL POPOLO

Marianna M.

 

Από τον/την kraygesaptakelia

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