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In Italia, dal 2005, tre rivoluzionari prigionieri, militanti delle BR-PCC, sono continuativamente sottoposti al regime di isolamento previsto dall’art. 41-bis dell’ordinamento penitenziario. Questo regime consiste in:
– l’isolamento è previsto per 23 ore al giorno. Quasi sempre i compagni vengono reclusi in celle piccolissime, confinate in tunnel sotterranei. L’ora d’aria disponibile è una sola, nella quale i compagni sono costretti a muoversi dentro un cortiletto di cemento armato di pochi metri quadri e circondato da alti muri. La socialità prevede la possibilità di incontrare al massimo altri tre prigionieri (selezionati dalla direzione del carcere) con i quali vengono vietati scambi di libri, cibo, vestiti, corrispondenza, ecc…;
– a partire dal 2011 i Governi italiani hanno disposto ulteriori restrizioni in tema di censura: viene vietato l’acquisto di stampa autorizzata al di fuori del carcere; viene vietato il ricevimento di libri e riviste da parte di familiari; viene vietato l’accumulo di libri in cella (massimo tre, più due riviste e tre giornali); viene vietato lo scambio di libri e riviste tra detenuti; è previsto scrivere lettere solo alle persone con le quali si fanno i colloqui;
– una forma di punizione consiste nel divieto di parlare o salutare altri prigionieri;
– i colloqui sono consentiti soltanto con familiari diretti (1 ora al mese) e per mezzo di vetri divisori, telecamere, microfoni, che impediscono ogni contatto diretto. Le ore di colloquio perse non sono più recuperabili nel corso dell’anno, ma sostituite con 10 minuti di telefonata;
– il processo si svolge solo in videoconferenza, attraverso il quale lo Stato ricatta i compagni: o seguire il processo dietro un monitor nel carcere in cui si è detenuti oppure rifiutarsi.
– all’interno delle sezioni per il 41-bis l’ordine interno è affidato nelle mani di corpi scelti della polizia penitenziaria, inquadrati nel Gruppo Operativo Mobile (GOM);
– per quanto il 41-bis sia già un regime di detenzione speciale, al suo interno sono previste delle ulteriori aree riservate, nelle quali sono detenuti i compagni, allo scopo di aggravarne la condizione di isolamento.
Con il 41-bis lo Stato attua il tentativo di annientare l’identità politica dei compagni; con il 41-bis lo Stato tenta di spezzare il rapporto e la comunicazione tra i prigionieri e l’esterno e tra i compagni stessi; con il 41-bis lo Stato tenta di attuare una strategia di deterrenza contro chi all’esterno lotta per una prospettiva rivoluzionaria; per lo Stato il 41-bis è permanente e pone infami condizioni per uscirne: ovvero collaborare con lo Stato stesso.
Questo progetto d’annientamento è fallito, in quanto i tre militanti delle BR-PCC continuano a mantenere salda e a rivendicare la propria identità rivoluzionaria e resistono a queste dure condizioni detentive.
Nessun rivoluzionario, prima del 2005, era mai stato sottoposto al 41-bis. Uno dei motivi principali della sua applicazione, da parte dello Stato, contro i tre compagni è che essi hanno incarnato la ripresa –nella teoria e nella prassi- di un progetto rivoluzionario e, ancora oggi, rappresentano un’opzione rivoluzionaria che la Borghesia vuole a tutti i costi stroncare.
Contro il 41-bis e a sostegno dei compagni è necessario costruire e promuovere una grossa mobilitazione a livello internazionale. Questa mobilitazione non deve avere un carattere umanitario, ma politico: bisogna far conoscere i percorsi politici dei compagni prigionieri e sviluppare la solidarietà militante intorno ad essi.
Infine, vogliamo ricordare la compagna Diana Blefari Melazzi, morta «di carcere» a seguito del 41-bis.
Costruire la solidarietà! Abbattere il capitalismo!
Soccorso Rosso Internazionale (SRI)
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